GRENCI, IL NUOVO CORSO DEL “RE” DELLE PIPE

Così le donne guideranno l’azienda nel solco del lavoro di papà Vincenzo

Anita affianca già il padre nell’attività artigianale:

“Nella frenesia di oggi, la pipa è un rito per stare bene con sé stessi”

Fumare la pipa è un rito da consumare in silenzio, con calma. Da celebrare preferibilmente da soli, scacciando ansia e frenesia, in un luogo intimo come la propria casa o lo studio. Un rito che viene celebrato principalmente da un pubblico maschile, genericamente over 40, ma che affascina anche molte donne, al di là dei cliché. E l’eccellenza della produzione di pipe, il fiore all’occhiello per la Calabria, è rappresentato dall’azienda Grenci di Brognaturo che, in occasione del Festival n’Tramenti, ci ha aperto le porte del suo storico laboratorio. Nel quale le figlie del celebre artigiano si accingono a portare avanti un marchio così pregiato e amato.

Tutto cominciò con nonno Domenico, nel 1962. Da emigrato negli Stati Uniti, come aveva già fatto suo padre, dimostrò quanto un talentuoso scultore ed ebanista calabrese potesse diventare un maestro nel forgiare la radica e realizzare pipe di straordinaria bellezza e qualità. Un giorno, nelle vie di Chicago vide degli artigiani all’opera, aveva bisogno di lavoro e si propose: “Mettetemi alla prova, farò lavori più belli”, assicurò. Non stava esagerando. Dalla Calabria, sua moglie Caterina selezionava e gli spediva il materiale, la migliore radica locale per realizzare le pipe, già diventate richiestissime, nel giro di poco tempo.

Tornato in Italia, dopo qualche anno, nella sua Brognaturo, Domenico insegnò la stessa arte al figlio Vincenzo. E così la bottega nel piccolo borgo nelle Serre Vibonesi divenne l’officina da cui sono usciti gioielli finiti sulla bocca di tutti. Persino del presidente Sandro Pertini e del c.t. della nazionale Enzo Bearzot, campione del mondo al Mondiale di Calcio dell’82.

Adesso, la terza generazione della dinastia Grenci è rappresentata dai nipoti di Domenico, ovvero dai figli di Vincenzo. Sono loro a prendere gradualmente le redini dell’azienda artigiana che ha reso Brognaturo famosa nel mondo. La “Grenci Calabria Italy”, con un legame forte con il territorio, che emerge già dal denominazione con cui è stata registrata.

Vita intensa quella di Vincenzo Grenci, detto “Cenzu”, il maestro delle pipe. È stato anche forestale, ebanista, maniscalco, fotoceramista e persino fotografo. Oltre alla passione per gli animali, che lo ha portato ad allevare cavalli, capre, a inventarsi apicultore. Senza trascurare l’amicizia per il fedele pappagallo, Enrico, vera attrazione della bottega. Enrico trascorre gran parte del tempo sulla spalla di Vincenzo Grenci, di cui è gelosissimo. Adesso, all’età di 74 anni, Vincenzo sta progressivamente lasciando spazio alla nuova generazione, ai suoi figli. In particolare, a traghettare il marchio Grenci nel futuro saranno le donne, le attivissime Erika, la più grande delle figlie, assieme a Sofia e ad Anita, la più piccola, che già si occupa più di tutte dell’azienda di famiglia. Poi c’è l’altro fratello, Andrea, che non lavora direttamente nel campo delle pipe ma fa il fotoceramista, con uno studio sempre all’interno della struttura.

Per Erika, in particolare, il destino era scritto già nel nome: non le è toccato quello dei nonni, come da tradizione al Sud, ma un omaggio alla natura. “È un chiaro riferimento all’erica, una radice da cui si realizzano le pipe, a cui mio nonno deve le sue fortune. I miei hanno aggiunto la k, ma il motivo della scelta è evidente” racconta Erika, che al lavoro in azienda unisce gli studi linguistici e filologi a Firenze.

Tra le figlie, Anita è quella che sta affiancando di più il papà nel laboratorio. A 25 anni appena compiuti, oltre a imparare l’arte della pipa, Anita porta avanti i suoi studi in Economia. È cresciuta a contatto con la natura e apprezza le piccole cose. E non dà nulla per scontato. “Fin da piccole tutte e tre noi sorelle, così come mio fratello Andrea, siamo stati a lungo in laboratorio. Eravamo affascinati dal lavoro che mio padre svolgeva, dalla sua manualità, dal lavoro artigianale con il legno” racconta Anita. “Lo abbiamo visto lavorare le pipe fin da piccole. Mio fratello Andrea ha imparato a farle, poi ha preso la strada di fotoceramista. Io mi sono avvicinata ancora di più durante gli anni dell’università. Mi era sempre piaciuta l’idea di diventare io stessa artigiana e riuscire a portare il nostro lavoro al di fuori, più di quanto ci fosse riuscito mio padre. Mi è venuto naturale inserirmi: da tre anni, oltre che guardare, mio padre mi ha dato spazio e mi sono avvicinata totalmente al mestiere. E ho partecipato a tutte le fasi della progettazione della pipa, poi della vendita e della sponsorizzazione del prodotto” spiega Anita.

Una “predestinata” alla guida dell’azienda, anche nel racconto della sorella Erika. “Anita è molto precisa, pignola. E sul lavoro ha un approccio diverso da quello di nostro padre. Anche sui modelli di pipa, che sono tutti diversi tra di loro, ha un gusto nuovo, oserei dire ‘fresco’”, dice Erika. Nella realizzazione di una pipa, infatti, c’è tutto quello che deriva dalla tradizione, dalla produzione classica, ma anche una componente legata al gusto di innovare, di sperimentare, quello che Anita predilige. Trattandosi di pipe fatte a mano, tutte uniche, diverse tra di loro, il processo di lavorazione cambia in base alla sensibilità dell’artigiano. Ovviamente c’è una tipologia di cliente che rimane legata al taglio della pipa più standard, tradizionale, mentre un’altra fetta accetta delle piccole novità.

Il passaggio generazionale in azienda sarà graduale, ma la novità non sarà di certo “traumatica”, visto che già Vincenzo Grenci è sempre stato un artigiano aperto alla novità. “Mio padre ha sempre voluto osare di più rispetto a quello che faceva mio nonno. Era propenso a produrre di più, a svecchiare il parco dei macchinari, aperto all’innovazione e al rischio” spiega Anita. “Con lui non ho difficoltà nel modo di ragionare, o negli intenti. Incontro difficoltà tecniche perché sono di corporatura più esile rispetto a lui, e maneggiare le attrezzature mi risulta più complicato. Quest’anno ho tagliato 900 placche per fare il rifornimento annuale con serra circolare. Molti altri artigiani usano le radiche già pronte, cioè tagliate e stagionate. Noi invece facciamo tutto il processo” tiene a precisare Anita.

L’approccio per Anita, in un mondo prevalentemente maschile, rischia di non essere così semplice, ma la tenacia non le manca. “Ci sono tanti ostacoli da superare. Spesso viaggio con la mente e penso che con quest’arte potrei fare tante cose, ma devo mettere in conto che sono una ragazza e in questo campo non è qualcosa di comune. Mi aiuta il fatto che sono affiancata dalla figura di mio padre, anche quando sono ad esposizioni importanti o mi interfaccio con i clienti. Però c’è sempre il timore che queste difficoltà possano condizionare il mio percorso. Per questo metto in conto anche altre soluzioni” spiega Anita.

La storia è piena di grandi personaggi, che l’iconografia ha immortalato con la pipa in bocca. Da Albert Einstein a Mark Twain, da Georges Simenon a J.R.R. Tolkien, da Arthur Conan Doyle ad Albert Camus, senza tralasciare i leader politici, da Iosif Stalin a Franklin Roosevelt. Eppure, la sensazione è che negli ultimi decenni la pipa sia un oggetto sempre meno diffuso, meno di moda. Non è così, però, per Anita Grenci. “I fumatori di pipa sono ancora tantissimi. Eppure ci sembra raro l’uso della pipa. Perché? Perchè è difficile vedere qualcuno fumare la pipa all’aperto, non è un oggetto che si butta via come una sigaretta, c’è bisogno di tempo per gustarla, per curare la fumata. Ed è sempre più insolito vedere una persona fumare per strada, anche perché ci sono tantissimi divieti”. La pipa si lega all’intimità, al gusto di rilassarsi in un luogo familiare, non si concilia con la fretta di una breve pausa dal lavoro o dell’attesa di un autobus. D’altronde, i numeri sostengono la tesi di Anita Grenci. “L’associazione Pipa Club Italia conta 300 mila iscritti in tutto il Paese. Ci sono anche diversi club di fumatori in diverse città, uno anche a Catanzaro ai tempi di mio nonno” aggiunge.

Trasversale come la passione per il tabacco, la pipa nei secoli è stata fumata da nobili e contadini, negli ambienti più aristocratici e in quelli più popolari. A cambiare, al massimo, era la composizione della pipa stessa, che poteva essere realizzata in legno pregiato o dalla semplice pannocchia. Fumare la pipa, in ogni caso, è un rito “di nicchia”, che riguarda ancora coloro che amano il piacere di assaporare il tabacco aromatico, un’esperienza completamente differente dal fumare una sigaretta, magari in modo frettoloso prima di risalire in ufficio. La pipa è un rito da gustare, che richiede tempo e tranquillità.

Fumare la pipa, come detto, richiede tempo da dedicare a se stessi. Forse per questo stride con la frenesia della nostra epoca, che consuma tutto in fretta. Abbiamo meno tempo per tutto, anche per gustare il tabacco e riflettere.

“Prima si producevano pipe molto più grandi, che richiedono un tempo di fumata molto più lungo. Adesso è difficile che si riesca a vendere una pipa con una fumata di 40 minuti o un’ora” sottolinea Anita, che aggiunge: “Si vendono le pipe con dimensioni del camino molto piccolo. L’oggetto è cambiato nel tempo, in base alle esigenze. È più frequente comprare delle pipe di piccole dimensioni, tascabili, come se volessero imitare la sigaretta, proprio per la frenesia della vita di oggi” spiega Anita.

Siamo abituati a vedere le pipe tra le labbra degli uomini, ma in futuro i clienti della bottega Grenci acquisteranno pipe progettate e realizzate da giovani donne. Tutto questo, però, secondo Erika, non deve suonare così strano. “È un luogo comune che fumare la pipa sia una cosa da uomini. Tanto è vero che a capo del Pipa Club Italia c’è una donna, molto carismatica. In questo ambiente le donne sono poche, però ci sono….” sottolinea Erika. Le donne fumatrici di pipa sono una minoranza, numericamente, ma gli esempi di clienti non mancano. “Anche di recente, abbiamo realizzato una pipa, per una donna ingegnere che vive e lavora negli Stati Uniti: si trattava di un regalo della sua famiglia. Suo padre è venuto qui in bottega, l’ha scelta… adesso la fumerà lei” sottolinea Erika con un sorriso.

Pipe con un design specifico per le donne, in ogni caso, non ce ne sono. “Però di solito le clienti donne scelgono pipe con una forma più particolare, affusolata o più lunga, perché incontra meglio i loro gusti. E poi, ogni pipa si avvicina più o meno allo stile di una persona” sottolinea ancora Erika. In bottega, i fumatori di pipa più “navigati” sanno già cosa scegliere, arrivano con le idee più chiare. I neofiti, invece, appaiono più spaesati, chiedono consigli e molto spesso si fanno indirizzare proprio dall’esperienza dal maestro “Cenzu”, a cui si affidano con piena fiducia.

Anche la dimensione della pipa non è legata al genere del fumatore. “Non è vero che la pipa da uomo è più grande. Semplicemente è più capiente, quindi la fumata sarà più lunga. La scelta di un modello piuttosto che di un altro dipende solo da questo” sottolinea Erika. E una fumata lunga ha bisogno di un tempo libero più ampio.

E i giovani? Guardandosi intorno, sembrano sempre più legati alle sigarette elettroniche… “Non ci sono molti ragazzi, tra i fumatori di pipa” ammette Anita, che sottolinea come “intorno ai 25 anni ci sono dei fumatori che iniziano con le pipe Savinelli, più economiche. Poi si avvicinano a questo ambiente e arrivano a conoscerci, dopo essersi informati. Ma c’è bisogno di fare pratica prima di acquistare una pipa costosa” aggiunge Anita. Solitamente, chi da giovane fuma la pipa lo fa perché ha alcuni fumatori in famiglia. “Ci sono molti ragazzi che vengono in laboratorio e ci raccontano che questa passione è stata trasmessa loro dai nonni. Molto spesso succede che a casa abbiano delle pipe. Ci sono collezionisti che arrivano ad averne anche 300” sottolinea la giovane artigiana.

Ogni pipa dei Grenci è un pezzo unico, per la forma e per le altre caratteristiche. Ed è proprio questo che le rende dei piccoli capolavori.

“Non c’è un disegno da seguire, lavoriamo in maniera libera. Durante la lavorazione si immagina la forma in base al legno, dalla fiammatura e dal taglio che si fa quando è ancora una radica. Al momento del taglio, già sai che la pipa avrà una certa forma” sottolinea Anita. “Si segue il disegno del legno. Modellandolo, prende la forma dei modelli standard. È un procedimento spontaneo, è frutto dell’immaginazione. Dipende dalla materia che si ha in mano. Guardandola, immagini come sarà la pipa. Il colore del bocchino, se la forma sarà tonda o quadrata, ecc. Dopo si può decidere se rusticarla o lasciarla liscia. E si decide il colore della vernice” spiega ancora la giovane artigiana.

Ma qual è il percorso “tecnico” per arrivare ad una pipa artigianale, come quelle realizzate da Grenci? “I cioccaioli consegnano l’erica e poi inizia il processo di lavorazione. La pianta viene liberata dai tannini che renderebbero la fumata amara. Dopo la bollitura, si passa alla stagionatura. Per un certo periodo viene bagnata, per evitare che si spacchi. E poi lasciata a stagionare sugli scaffali, anche per vent’anni” spiega Anita. I prezzi? Si va dai 250 euro in su. Il tempo per realizzare una pipa, se si considera la stagionatura, è di oltre i due anni. Gli artigiani molto esperti, per realizzarne una, ci possono mettere due giorni.

A fare la differenza, nel gusto della fumata, è anche il legno utilizzato per la realizzazione della pipa. “Il nostro è un legno stagionato. In commercio le radiche vengono stagionate due anni o cinque. A volte, quelle stagionate due anni vengono messe in essiccatori che velocizzano i processi, quindi in due mesi riescono a fare più anni di stagionatura. Però non è una stagionatura naturale. Com’è la situazione qui da noi? C’è poca gente che fuma la pipa in Calabria, perché non c’è una grande varietà di tabacchi in vendita” sottolinea Anita.

Ma come arrivano ai Grenci, i fumatori di pipa, da tutta Italia e dall’estero?

“I fumatori abituali, ci scoprono principalmente perché se ne parla nell’ambiente. Altri, chi magari si avvicina per la prima volta, perché hanno visto qualche servizio in televisione, in cui si parlava della nostra attività” spiega ancora Erika.

Vincenzo Grenci, così come lo è da sempre delle sue pipe, è adesso orgoglioso dell’impegno della sua “nuova generazione”.

“Le mie figlie sono straordinarie, indipendenti, in grado di fare tutto. Ho sempre ricevuto elogi per i miei prodotti, le pipe. Lasciatemi elogiare le mie figlie, i miei frutti migliori” sottolinea papà Vincenzo. Un percorso di passione già segnato, grazie all’osservazione. “Sin da piccole, le mie figlie venivano in bottega e mi imitavano. Prendevano la carta vetrata e riproducevano i miei movimenti. Erano libere di esprimersi in ogni modo, anche per gioco”, spiega Vincenzo Grenci. Alla base di tutto, c’è anche lo spirito dei calabresi, il loro rapporto con la natura. “Chi è cresciuto come me, a Brognaturo, negli anni Cinquanta, da ragazzo era abituato a vivere in campagna. Io da ragazzino salivo su un albero e scendevo duecento metri più in là, piegando la chioma e passando su un altro albero” racconta ancora l’artigiano. Plasmare la natura, per chi è nato in Calabria, forse per questo risulta così semplice.

Testo e foto di Rosita Mercatante